La poesia non è un genere letterario. Nasce nel rito, nel proto-teatro, nei Misteri primordiali. O forse nasce ancora prima del rito, del mito, come suggeriscono quelle ipotesi filosofiche (Rousseau, Hamann, ripreso da Jünger, in un certo senso Klages, in un certo senso anche Heidegger) che identificano l’origine stessa del linguaggio nella poesia: in un idioma-origine, costituente una dimensione musicale-sonora, lirico-associativa, intuitivo-immaginifica, incantata, cantata, magica. O meglio, pre-magica: precedente la stessa divisione tra magico e ordinario, tra profano e sacro, tra consacrato e non, tra sovrannaturale e naturale. Una dimensione-origine-unità, in cui t u t t o è indifferenziatamente “pieno di dei”, potremmo dire noi, ma in realtà molto, molto tempo prima della nascita degli dei, degli eroi, della religione, del mito, della civiltà, della divisione del lavoro, della divisione in diverse funzioni sociali, prima del poeta, dell’artista, dello sciamano, del